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Per l’infedeltà coniugale, basta il dossier investigativo

Mag 2, 2016

In fase di separazione giudiziale è obbligatorio contestare espressamente la veridicità del rapporto investigativo, altrimenti per il principio di non contestazione, sono sufficienti le fotografie a fondare la condanna con addebito. In controtendenza rispetto a precedenti orientamenti giurisprudenziali, secondo cui il rapporto dell’investigatore privato non può essere considerato una valida prova nel processo civile e, pertanto, per corroborare detta relazione, è sempre necessario citare lo stesso investigatore privato come testimone dei fatti avvenuti in sua presenza, il foro meneghino offre una diversa interpretazione della relazione del detective privato. Nella sentenza in commento del 01.07.2015, il rapporto dell’agenzia di investigazioni viene considerato una prova “atipica”, ma comunque valida e sufficiente a fondare il giudizio di colpevolezza nei confronti del coniuge fedifrago e non c’è bisogno di escutere l’investigatore privato come testimone, a conferma dell’infedeltà consumatasi davanti ai propri occhi. Basta quindi il rapporto dell’investigatore privato assoldato a inchiodare l’addebito della separazione, senza che il detective privato sia chiamato in aula a testimoniare sulle accuse di infedeltà rivolte al coniuge. Nel merito dunque il dossier dell’investigatore privato ingaggiato dal coniuge, con tanto di foto compromettenti, non ha bisogno di conferma con l’escussione del teste di riferimento quando la controparte non riesce a contestare nel merito la violazione dell’obbligo di fedeltà che gli è attribuita. Insomma, se il rapporto non viene contestato espressamente sul piano dell’attendibilità, ma ci si concentra più che altro su altri tipi di eccezione (come, ad esempio, l’irregolarità amministrativa per la lesione della privacy, eccezione che viene ritenuta dal giudice infondata) si compie un grossolano errore di carattere processuale: perché la mancata contestazione specifica della veridicità dei fatti dichiarati dall’investigatore privato implica anche la sostanziale ammissione degli stessi. È il cosiddetto “principio di non contestazione” previsto dal codice di procedura civile. In sentenza infatti il rapporto investigativo deve essere oggetto di conferma probatoria mediante escussione testimoniale dei testi di riferimento, quando sia stato specificamente contestato dalla controparte (articolo 115 Cpc), assumendo, altrimenti, un valore pieno di prova documentale». Ai sensi dell’articolo 115 Cpc, la non contestazione specifica costituisce un comportamento univocamente rilevante, con effetti vincolanti per il giudice, il quale deve astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e deve, perciò, ritenere la circostanza in questione sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo in concreto spiegato espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti. Beninteso che il principio di non contestazione, enucleato nell’articolo 115 Cpc, ha vocazione generale e si applica a ogni fatto introdotto specificamente nel processo, pure laddove sia contenuto in una prova documentale.
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