Lo afferma la Corte di Cassazione specificando inoltre che è legittimo il ricorso a un’agenzia investigativa da parte del datore di lavoro per assumere queste informazioni.Il giudice del merito, spiega la Corte, essendo la questione circoscritta alla valutazione di fatto, per valutare la sussistenza del requisito della giusta causa di licenziamento, deve accertare che sussistano gravi negazioni di elementi essenziali del rapporto di lavoro, in particolar modo carenze del rapporto fiduciario che lega datore di lavoro e dipendente. Le circostanze di fatto che hanno portato al licenziamento devono essere proporzionate relativamente all’irrogazione dello stesso e non è necessario che il pregiudizio arrecato al datore di lavoro sia necessariamente di ordine economico.
Quanto all’impiego di un’agenzia investigativa, la Cassazione richiama un precedente orientamento (espresso con sentenza n.6236 del 2001) secondo cui le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 300 del 1970 “non precludono che le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal lavoratore, e in genere degli accertamenti di carattere sanitario, possano essere contestate anche valorizzando ogni circostanza di fatto – pur non risultante dall’accertamento sanitario – atta a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza“.
Come spiega la Corte è insito in tale giurisprudenza “il riconoscimento della facoltà del datore di lavoro di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore, che, pur estranei allo svolgimento dell’attività lavorativa, sono rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro”. La ricerca di elementi utili a verificare l’attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore, conclude la Corte, può essere compiuta da un’agenzia investigativa.