La decisione si allinea a una precedente giurisprudenza della Suprema Corte adottata a Sezioni Unite (Cassazione 10 aprile 2002 n. 5119, in Foro it., 2002, I, 2039), con la quale si stabiliva che l’assicurazione contro il rischio d’infortuni non mortali rientra tra le assicurazioni contro i danni, rimanendo perciò assoggettata al principio indennitario, espresso dall’articolo 1908 del codice civile. E, pertanto, seguendo il ragionamento fatto proprio dai giudici della Suprema Corte nella sentenza in epigrafe, laddove l’infortunato abbia già ottenuto l’indennizzo non può ottenere anche il risarcimento, se non per differenza tra quanto ottenuto a titolo di indennizzo e quanto spettante a titolo di responsabilità civile (o viceversa), onde evitare che l’infortunato ottenga un indennizzo che ecceda il danno effettivamente patito.
La decisione è destinata ad avere ripercussioni sul mercato assicurativo italiano. Anche perché si scontra con la prassi assicurativa, che tende a inserire tra le condizioni generali delle polizze ‘infortuni’ la cosiddetta clausola di rinunzia, da parte dell’assicuratore, all’esercizio del diritto di surrogazione ex articolo 1916 del codice civile. In altre parole, l’assicuratore indennizza il proprio assicurato e rinunzia a rivalersi nei confronti del responsabile.
Sarà quindi opportuno che il mercato corra al più presto ai ripari onde evitare un cortocircuito del sistema, in caso di coesistenza di polizze infortuni e responsabilità civile.