Sentenza 23 ottobre 2012, n. 18175: un marito era andato in missione per motivi di lavoro facendosi accompagnare anche da una signora che, dopo la fine del suo matrimonio, sarebbe divenuta la sua “attuale compagna”.
Senza successo l’uomo ha contestato l’addebito sostenendo che, in realtà, il suo matrimonio era già finito perché la moglie faceva troppo spesso visita alla madre. Per la Suprema Corte è invece “ineccepibile” il verdetto di “colpa” emesso dalla Corte d’Appello di Palermo che, a proposito del viaggio “galeotto” del manager rileva come sia stato un comportamento “reprensibile” in quanto “idoneo ad evidenziare, ai terzi, l’esistenza della relazione extraconiugale quand’anche in concreto non ancora intrattenuta con carattere di stabilità”. E “senza dubbi la compromissione del rapporto coniugale era dipesa dall’infedeltà del marito”. In fatto di tradimenti, la Cassazione ricorda che “la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale è particolarmente grave se attuato con una stabile relazione extraconiugale”.
Premesso che per la pronuncia di addebito non è sufficiente la violazione dei doveri coniugali sanciti dall’art. 143 c.c., essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, gli Ermellini – richiamando l’orientamento giurisprudenziale costante – ribadiscono tuttavia che la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave di tale obbligo, che, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, causa della separazione personale dei coniugi e, quindi, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempreché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.