La valutazione dell’attività lavorativa svolta dal dipendente nei periodi di assenza dal lavoro per malattia, non può essere valutata ex ante, per accertare se la stessa possa pregiudicare o ritardare la sua guarigione. Il recesso è quindi giustificato non solo quando l’attività esterna svolta al di fuori del rapporto di lavoro sia per sé sufficiente a far presupporre la fraudolenta simulazione della malattia, ma anche nell’ipotesi in cui la medesima attività, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa realmente pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, in violazione ai doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. Le disposizioni della L. 300/70 in materia di divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e sulla facoltà dello stesso datore di lavoro di effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore di lavoro medesimo di procedere, al fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima, per determinare uno stato d’incapacità lavorativa e quindi a giustificare l’assenza. È ammissibile che la ricerca degli elementi utili a verificare l’attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore, sia stata compiuta da un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro (Cassazione Civile 3704/1987)